Capitolo 3 – Come far crescere la tua base clienti

Questi post sono una raccolta di appunti e riassunti tratti dal libro “How Brands Grow: What marketers don’t know” del professor Byron Sharp. Questo lavoro è un must read per qualsiasi marketer. Il mio obiettivo personale quando ho intrapreso questa serie di post era ottenere una comprensione più approfondita del libro e delle sue lezioni, e mentre lavoravo, non solo ho acquisito tale comprensione, ma ho anche maturato una maggiore consapevolezza sulle aree di approfondimento future. Sharp è sempre molto illuminante, ma sento il bisogno di studiare anche punti di vista diversi sugli argomenti che tratta. Puoi acquistare “How Brands Grow” qui.

In passato ero entusiasta del concetto di retention, e non cambierò la mia posizione sulla sua importanza, ma leggendo questo capitolo, ho aggiunto nuovi pezzi al mio “puzzle” e di conseguenza ho assunto una posizione più equilibrata.

In passato ero entusiasta del concetto di retention. 

È uno degli aspetti chiave del marketing delle attività digitali, specialmente delle piattaforme digitali come Facebook, Instagram, TikTok o Snapchat.

Tuttavia, dopo aver letto il terzo capitolo di “How Brands Grow”, ho assunto una posizione più equilibrata, perché la metrica che risolve tutti i problemi non esiste.

Davvero, ero uno dei più ferventi sostenitori della regola “acquisire un nuovo cliente costa cinque volte di più rispetto a trattenerne uno che stava per andarsene”.

Guess what?

“Non ci sono prove empiriche a supporto di questa idea”.

Questa rivelazione proviene dal libro.

Per me è stato davvero mindblowing.

Andando al punto, una probabile origine della regola delle “cinque volte” proviene da uno degli articoli più citati della Harvard Business Review scritto da Reichheld e Sasser (1990) (puoi trovarlo qui).

L’articolo afferma che:

la retention dei clienti può avere un “impatto sorprendentemente positivo sul bilancio… le aziende possono aumentare i profitti di quasi il 100% trattenendo solo il 5% in più dei loro clienti”.

L’articolo si basa su una situazione ipotetica:

“Supponiamo che una società di carte di credito perda il 10% dei suoi clienti ogni anno, allora la durata media del cliente sarebbe di 10 anni*. Ora, se questa società fosse in grado di ridurre la perdita annuale dei clienti raggiungendo il 5%, allora la durata media del cliente raddoppierebbe a 20 anni. Dato che un cliente contribuisce ai profitti ogni anno, segue che se rimangono per più anni, devono contribuire maggiormente”.

Su questo punto, concordo con B. Sharp che la posizione di Reichheld e Sasser è fuorviante perché:

  • Una diminuzione al 5% nel churn corrisponde a una riduzione di 5 punti percentuali, per ridurre del 5% devi ridurre il churn del 50%.
  • Non hanno considerato il costo della riduzione della retention. Queste attività non sono gratuite, ciò significa che stavano parlando specificamente di redditività del cliente e non di redditività dell’azienda.

Penso che questa sia stata la mia epifania: non ho mai analizzato il costo delle strategie di riduzione del churn.

Ed è vero che non sono gratuite.

Il gioco vale la candela?

Non lo so e non sono sicuro che esista una singola risposta adatta a tutte le industrie.

È importante notare che anche il tasso di churn è influenzato anche dalla “Double Jeopardy Law”:

“Tutti i brand perdono alcuni acquirenti; in generale, questa perdita è proporzionale alla loro quota di mercato.

I grandi brand perdono più clienti, anche se questi clienti persi rappresentano una frazione più piccola del loro totale di clienti”

Questa tesi è confermata attraverso un esempio semplificato.

Abbiamo un mercato di 1000 clienti che ha solo due brand.

Il primo con una quota di mercato del 20% (200 clienti) ed il secondo con una quota di mercato dell’80% (800 clienti).

Ogni brand mantiene la rispettiva quota di clienti.

Ne segue che, in valori assoluti, il churn e le acquisizioni dei due brand sono uguali.

Possiamo supporre che entrambi perdano e guadagnino 100 clienti, il che significa che per il primo il churn e il tasso di acquisizione è del 50% (100 diviso per 200), mentre per il secondo è solo del 12,5% (100 diviso per 800).

Beh, per me è naturale mettere in pausa, approfondire i dati e chiedermi perché un piccolo brand ha un tasso di churn così alto e dall’altro lato un tasso di acquisizione così buono? E se c’è un churn così alto, qual è la ragione? (Forse c’è una discontinuità nella distribuzione? Qualcos’altro?).

Dire che “perdite e guadagni” in valore assoluto sono gli stessi per entrambi i brand mi sembra un’ipotesi azzardata.

E non è strano che anche l’autore dica che le cose sono più complicate.

Tornando al libro, l’autore non dice mai esplicitamente che la retention non è importante, ma sottolinea che:

  • I churn dei clienti sono in gran parte fuori dal controllo del marketer, almeno non attraverso “il servizio clienti e altre iniziative”**
  • La crescita è guidata da acquisizioni straordinarie, il declino è causato da acquisizioni disastrose

Dopo aver letto questi punti, ho iniziato un esercizio molto curioso.

Ho iniziato a riflettere su tutte le volte che avevo o non avevo cambiato un prodotto o un servizio e perché avevo preso quella decisione. Mi piace cambiare spesso prodotti FMCG come dentifricio o deodorante, mentre per altri come il mio yoghurt greco sono decisamente più abitudinario.

Tornando allo studio del professore, i punti precedenti definiti dall’autore sono supportati dai dati che fornisce. Le industrie che utilizza per la sua tesi sono quella automobilistica e quella dei servizi bancari classici.

Non so come cambia questa analisi parlando di altre industrie o prodotti come:

  • Viaggi:  come i punti Avios, ad esempio, quando si sceglie il volo e come possono migliorare la retention
  • Digitale: penso a tutte le strategie implementate per riportare un utente ad utilizzare un’app specifica quando la disinstalla
  • Nuovi Prodotti: il libro sembra concentrarsi sui prodotti consolidati e non su prodotti nuovi. Ciò ha anche senso se c’è la necessità di generalizzare.

Mentre sul primo punto, riguardo ciò che il marketer può e non può fare per ridurre il churn, per ora, non ho nulla da aggiungere, posso dire qualcosa sul secondo punto “La crescita è guidata da acquisizioni straordinarie”.

Ho già parlato di retention qui in questo blog.

Nel post ho evidenziato attraverso una dimostrazione matematica di come, dato un prodotto o un servizio, vincolati i costi fissi di retention e di acquisizione, dopo una crescita iniziale il prodotto raggiungerebbe un plateau.

Quindi una volta raggiunto il plateau (o la saturazione), se vogliamo aumentare la nostra base di clienti, senza cambiare il budget per il marketing, abbiamo due percorsi:

  • Lavoriamo per ridurre il costo di acquisizione
  • Lavoriamo per ridurre il tasso di churn

Entrambi richiedono risorse, sforzi e compromessi.

Cambiando il focus dai prodotti FMCG e fisici ai servizi in abbonamento (palestra/carta di credito) o ai servizi digitali in generale, per me è naturale pensare in termini di Valore del Cliente nel Tempo.

Il Valore del Cliente nel Tempo è una stima dell’utile netto fornito dalla futura relazione con un cliente.

Basandosi su questo, attraverso attività specifiche come coupon speciali o l’introduzione di nuovi prodotti o qualsiasi altra cosa, come può un marketer aumentare il Valore del Cliente nel Tempo?

Ovviamente, non sto supponendo che il cliente sarà per sempre fedele al mio brand, ma almeno voglio capire come posso aumentare i ricavi da un cliente.

Per farlo, c’è un’equazione di base:

LTV1 (LifeTime Value) > CAC1

In base alle attività di retention dei clienti e al loro costo (CRC = Customer Retention Costs) vorrei aggiornare l’equazione precedente aggiungendo un’altra variabile come segue:

LTV2(LTV1 + Customer Extended Life Through Retention Activities) > CAC + CRC

Commercialmente, la strategia di retention funzionerà e ha senso se:

Customer Extended Life Value Through Retention Activities > CRC1

Grow Web – How to Build a Startup

Per concludere, indipendentemente dall’industria specifica, la retention e l’acquisizione sono due metriche chiave nel marketing.

In entrambi i casi, ogni esperimento dovrebbe essere monitorato, valutato e, soprattutto, correlato alle vendite.

Dopo di che, in base al prodotto e all’industria specifici, il marketer dovrebbe essere in grado di individuare la sua stella polare e allineare di conseguenza il team.

Ci vediamo per il prossimo capitolo!

Andrea

*Ricordando le proprietà del decadimento esponenziale, il reciproco del tasso di churn è la durata media del cliente.

** Vengono citate le seguenti ricerche che personalmente non ho avuto modo di indagare. “Switching banks: Old bank gone but not forgotten”,G. Lees, R. Garland, Malcolm J. Wright 2006 https://link.springer.com/article/10.1057/palgrave.fsm.4760070

“Reasons for switching service providers”, East, R., Grandcolas, U., Dall’Olmo Riley, F. & Lomax, W. 2012. https://journals.sagepub.com/doi/10.1016/j.ausmj.2011.12.001

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