8 anni fa la Harvard Business Review (Italia) pubblicò insieme al Sole 24 ore un inserto speciale “I Segreti della Leadership” raccoglieva in 178 pagine circa 11 articoli scritti da illustri professori, top manager e consulenti.
Ancora lo conservo e stranamente ricordavo che all’interno ci fosse un articolo scritto da Marchionne.
Non l’ho mai letto prima di oggi.
Il motivo?
Non lo so, esterofilia, immaturità mia, ma come direbbe il re Jeffrey Joffer “La cosa non ha rilevanza alcuna” e ieri ho avuto modo e piacere di leggere sia la versione inglese che ho ripubblicato sul mio profilo FB sia la versione italiana.
La FIAT nel giugno 2004 perdeva 5 milioni di euro al giorno, le macchine che faceva (pandino escluso) erano improponibili (giustamente io ho guidato una cinquecento modello improponibile vedi foto di repertorio) e Marchionne inoltre era:
- Il quinto CEO alle redini dell’azienda in tre anni (uno ogni sei mesi)
- Veniva da un settore diverso dall’industria automobilistica
Una situazione anche peggiore di quella vissuta da Luis Gerstner con IBM.
La FIAT aveva bisogno di una terapia intensiva, di quelle più critiche e la trasformazione condotta da Marchionne è stata durissima, non indolore, ma necessaria:
- Leadership, cambiare il vecchio paradigma
- Definizione degli obiettivi e responsabilità
- Innovazione, non solo sul prodotto
Leadership, cambiare il vecchio paradigma
Data la complessità e la grandezza di FIAT era impossibile che tutte le decisioni fossero prese da CEO. Un problema che Marchionne aveva identificato fin da subito era la necessità di far crescere i manager e delegare.
Inoltre nel bene o nel male le persone dovevano essere responsabili delle loro decisioni, pagandone il costo se necessario.
Marchionne nell’articolo afferma di essere stato supportato da un brillante responsabile per le risorse umane, personalmente è fantastico come lui attribuisca i suoi successi o alla squadra che ha lavorato con lui o alla fortuna (una sorta di sindrome dell’impostore).
Quando poi Marchionne sottolinea i 4 mesi all’anno passati ad esaminare le top 700 persone di FIAT e la loro performance, basandosi sui numeri e la loro capacità di condurre il cambiamento, il fattore “fortuna” è una variabile totalmente inesistente.
Altro punto interessante è in merito ai feedback: continui e non pianificati.
Definizione degli obiettivi e responsabilità.
Appena arrivato riuscì da subito a posizionare l’asticella degli obiettivi in alto, per molti troppo.
Il time to market iniziale della 500 era di 4 anni, lui con la sua squadra l’ha ridotto a 18 mesi. Ai designer ed ingegneri iniziò a chiedere spiegazioni sulla necessità di quei 48 mesi e cosa sarebbe successo se si fossero focalizzati sull’essenziale, rimuovendo molte features. Da questi input gli ingegneri e designer identificarono i vari colli di bottiglia, li rimossero, migliorando sensibilmente i tempi.
Innovazione, non solo sul prodotto
Marchionne descrive la FIAT “prodotto-centrica”, problema che Steve Blank ha identificato in molte startup, dominata essenzialmente dagli ingegneri e poco “Cliente-centrica” (o customer oriented).
Questo porta spesso a scordarsi di:
- mercati
- concorrenza
Parte della soluzione è stata quella sia di un costante confronto con aziende come Apple, dalle quali importare le best practice, sia scegliere persone alla guida del dipartimento di marketing che fossero realmente consapevoli del fatto che Fiat possedesse marchi storici nell’industria dell’auto.
Marchionne è riuscito a dare all’azienda quel senso di urgenza che ho visto negli studi di Kotter, ma questo cambiamento è stato possibile perché lui in prima persona è stato l’esempio aziendale.
Indubbiamente ci sono delle criticità nel suo modus operandi, dei risvolti negativi e altri meglio di me ne hanno già discusso, ma andrebbe oltre gli obiettivi di questo post, che è stato un rovistare nella libreria per poi tuffarsi nel passato.
Un abbraccio e grazie per aver letto il mio articolo.
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“This country can’t be knocked out in one punch. We get back up again, and when we do, the worlds is gonna hear the roar of are engines”