Riflessioni su un approccio di Design Thinking proposto dall' IDEO

Il numero di Settembre di HBR era focalizzato sul Design Thinking, a causa della sessione estiva l’ho letto in ritardo.
Un articolo che mi ha fatto riflettere è stato “Design to action”, scritto dal CEO della IDEO. Nell’articolo si discuteva di come il cambiamento nelle abitudini o nell’accettazione di una nuova strategia richiedesse una gradualità di azione.
L’Apple quando lanciò sul mercato il primo Ipod sapeva che l’introduzione dei giochi, delle varie app come quella per correre, non potevano ne dovevano avvenire in un unico momento.
Questo perché gli utenti inizialmente avrebbero dovuto accettare un nuovo prodotto che cambiava le loro abitudini di ascolto. Soltanto una volta che questo cambiamento era stato accettato potevano introdurre nuove funzionalità.
Lo stessa filosofia di approccio era stata adotatta dal progettista (o designer se preferite) del Palm Pilot Jeff Hawkins. Il palmare inizialmente doveva fare poche cose Rubrica-Calendario- Note perché altrimenti i clienti non sarebbero riusciti ad accettare un cambio di abitudini troppo rapido.
Secondo gli autori l’accettazione di una nuova strategia all’interno di una azienda, può e deve seguire un iter simile.
Spesso c’è uno scarso “Commitment” (perdonatemi, manon riesco a trovare un termine che renda l’idea in italiano) da parte dei manager nei confronti delle strategie definite da parte dei consulenti aziendali (indipendentemente se interni o esterni).
Le obiezioni più frequenti da parte dei dirigenti nei confronti delle nuove strategie sono:

  1. Questa strategia non è in linea con i problemi che riteniamo critici
  2. Questi non sono gli scenari che avremmo considerato
  3. Queste non sono le analisi che avremmo condotto
  4. Questa non è la soluzione che avremmo scelto

In questo modo l’esecuzione della strategia diventa un’eccezione piuttosto che una regola ed il problema è tanto più marcato quanto più la strategia si allontana dallo status quo.

La soluzione proposta dal CEO dell’IDEO si struttura attraverso un processo interattivo ed iterativo che si può articolare come segue:

  • Il consulente analizza una serie di problemi e ne discute con l’executive “Guarda questi sono i problemi che pensiamo essere critici, in quest’ordine di priorità, che ne pensi? Cosa ci sta sfuggendo?”
  • Sulla base di questa “sintesi” con chi poi implementerà la strategia, il designer avanza nel processo identificando dei possibili scenari da analizzare successivamente.

Anche in questo caso, attraverso l’interazione con l’executive, il designer può valutare la risposta, il feedback e capire se ha identificato tutti gli scenari o c’è qualche lacuna

  • Definiti in comune gli scenari da approfondire il designer inizia a scavare nelle analisi e, successivamente, la definizione della strategia diventa una formalità.

Personalmente non sono convinto di due punti:

  • della semplificazione nella definizione della strategia finale
  • delle dinamiche e condizionamenti che si potrebbero generare da un eccesso di feedback

E’ un articolo molto sintetico, di un processo molto più articolato ed alcune dinamiche vengono analizzate in questo libro, quindi un corretto approccio per avere una visione più chiara sarebbe leggere tutto il libro e non solamente quattro pagine sulla Harvard Business Review.
Mi torna alla mente è la massima di Henry Ford che affermava “Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero chiesto probabilmente un cavallo più veloce”.
Inoltre il metodo, almeno per come è stato descritto, non sembrerebbe adatto a cambi drastici di direzione in tempi rapidi quando invece può essere richiesto da un mercato estremamente dinamico e volatile.
Ma sono delle mie personalissime considerazioni anche un po’ acerbe.

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